Attacchi di panico: Come comportarsi e istruzioni per l’uso

Sono state numerose le persone che, nelle ultime settimane, si sono avvicinate a me (personalmente o telefonicamente) parlandomi di questa realtà che si trovano ad affrontare o che, avendo sperimentato in passato, temono si ripresenti. Parliamo degli attacchi di panico.
In passato, mentre scrivevo la mia biografia di presentazione sul mio sito, parlai anche di tutta la parte oscura della mia Vita, parte che ora rivedo preziosa e assolutamente fondamentale a quel bagaglio di esperienze che mi hanno condotta a manifestare ELISA per quella che è oggi.
Successivamente qualcuno mi consiglio’ di “cancellare” quella storia dalla mia biografia, in quanto non avrebbe dato credibilità al mio ruolo di operatrice del benessere (non solo del mio, ma anche degli altri).
Ho personalmente trovato questo suggerimento, una delle ennesime “bugie italiane” del mondo dell’olismo, un mondo dove l’operatore a quanto pare è autorizzato solo ad emettere amore universale, abbracci e occhi a cuore, ma deve assolutamente nascondere tutto quello che lo riconduce ad un essere umano imperfetto e limitato, il quale ha avuto proprio la sofferenza come maestra principale del proprio percorso di involuzione ed evoluzione personale.
E’ anche proprio sulle radici di questa sofferenza, che Pema Chodron scrisse questa frase bellissima:
“La compassione non è una relazione tra il guaritore e il ferito. E ‘un rapporto tra uguali. Solo quando conosciamo bene la nostra stessa oscurità, possiamo essere presenti al buio degli altri . La compassione diventa reale, quando riconosciamo la nostra comune umanità.“
Chiunque abbia attraversato (a qualunque livello) l’esperienza dell’attacco di panico, sa che “l’ascoltarsi” diventa in un certo momento, un aspetto fondamentale e non procrastinabile.
Ritornando alla mia esperienza, il mio primo attacco di panico si presentò nella situazione peggiore e nel contempo scatenante di quel disagio, ovvero: sul posto di lavoro.
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Come si manifesta l’attacco di panico?
Generalmente con un’accelerazione dei battiti cardiaci, una sensazione di intorpidimento alle braccia, soprattutto al destro e una sensazione di compressione, formicolio al petto che si espande velocemente, trasformandosi in una sorta di annebbiamento mentale dove si percepisce una forte sensazione di pericolo per la propria sopravvivenza.
Chi non ha mai sperimentato l’attacco di panico, pensa immediatamente ad un attacco cardiaco, ovvero sembra proprio che il cervello invia segnali di una morte imminente. Con “l’esperienza”, diventiamo più bravi a riconoscere l’inganno di questo meccanismo e, nonostante comunque i sintomi paralizzanti, impariamo ad assumere una posizione un po’ più distaccata di “osservatori” di quanto ci accade. Con abbastanza esperienza e lavoro su noi stessi, ogni volta che l’attacco si presenta, diventiamo anche capaci ad auto ripeterci mentalmente che va tutto bene, che fra poco passa, che ci è successa la stessa cosa in passato e non siamo morti. Questi pensieri ci aiutano a mantenere quel leggero distacco e una certa presenza, anche di fronte ai sintomi in corso nel corpo fisico, sintomi che risultano essere sempre temporanei. Praticamente, diventa una sorta di meditazione imprevista.
L’attacco di panico richiede al corpo un’enorme quantità di energia per essere gestito. Questo proprio per il corto circuito del meccanismo “attacco/fuga/congelamento” a cui il corpo mentale e fisico viene sottoposto. A seguito dell’attacco è talvolta necessario il riposo assoluto, questo almeno fino a quando il corpo non diverra’ capace di una ripresa piú rapida e automatica dopo l’episodio.
Come si evolve un’attacco di panico?
L’esperienza ripetuta degli attacchi di panico, può degenerare in Agorafobia, spesso anch’essa vissuta per un periodo temporaneo e concomitante agli attacchi. Di cosa si tratta? La paura degli spazi affollati, dei luoghi dove ci si sentirebbe in trappola tra la folla e in tutti i posti in cui non si vede una via d’uscita. Ad esempio anche andare al supermercato, può diventare un’esperienza di enorme sofferenza con vera e propria sensazione corporea di sudorazione e soffocamento/tremore. Di nuovo il corpo invia segnali di imminente autodistruzione se il luogo non viene lasciato immediatamente.
Chi soffre di attacchi di panico, vive in funzione dell’evitamento di tutte le situazioni che possono scatenare i sintomi. Vediamo quindi come questo possa incidere sulla qualità dei nostri rapporti interpersonali, quando anche fare cose semplici può essere fattore scatenante del sintomo. Anche il cambiamento climatico o gocce d’acqua sul corpo che alterano la temperatura, possono sollecitare i recettori della pelle che inviano input di allarme di pericolo al cervello, in quanto il freddo scatena temporaneo irrigidimento o formicolio, sensazione simile all’attacco.
Diventa quindi comprensibile come, coloro che attraversano determinate esperienze, sviluppino anche una sensibilità e una capacità di percezione degli stati d’animo e delle situazioni proprie e altrui superiore alla media.
Perché viene un attacco di Panico?
La mia esperienza personale mi ha portata alla conclusione che l’attacco di panico sia una delle manifestazioni attraverso cui l’anima grida per essere ascoltata e, spesso, l’ultima spiaggia che ha a sua disposizione per permetterci di disentificarci da un certo ruolo che abbiamo “comprato” o fatto nostro e che ci ha allontanato troppo dalla nostra vera natura o dai nostri bisogni autentici.
E’ un modo che il corpo utilizza quando siamo in modalità pilota automatico, ovvero quando ci stiamo robotizzando mentre la Vita ci scorre davanti e noi stiamo diventando sempre più intorpiditi dal sentire le nostre emozioni e i nostri desideri o il cambiamento inevitabile che cerca di farsi strada in noi, chiedendoci di lasciare un partner che ci ama, o un lavoro che ci garantisce una stabilità economica e che e’ agognato da tanti, ma che NON CI FA SENTIRE VIVI ne partecipi della nostra vita. O ancora il desiderio di vivere lontano da tutto ciò che ci e’ familiare ma che ormai non ci da più nutrimento.
E’ la concretizzazione della nostra impotenza nel cambiare una situazione in cui ci sentiamo bloccati e quella paura deve uscire da qualche parte. Tutte le volte, praticamente, in cui ci sentiamo in colpa di esercitare il nostro DIRITTO di libertà nel seguire la chiamata dell’anima, con conseguente negazione ripetuta dei nostri bisogni, fino alla malattia.
Come comportarsi durante un attacco di Panico?
Il primo approccio, a meno che si stia già seguendo un enorme lavoro su di sé e ci si senta di proseguire con quello che si ha, e’ un sostegno di tipo farmacologico. Comprendo la non simpatia per i farmaci che alterano lo stato di coscienza, per quanto limitatamente o che “addormentano” dei meccanismi che invece l’unica cosa che cercano e’ l’ascolto. Infatti la mia visione del farmaco attraverso la mia personale esperienza diretta, e’ quella di “temporaneo intrattenimento dei processi chimici del corpo”, mentre l’intelligenza lucida, presente e non disturbata da tutta quella confusione, si prende tempo per gestire le informazioni e costruire un trattamento di cura coerente e considerevole dell’emergenza in cui ci troviamo.
Step successivi
Quando ci troviamo in un letto per un paio di mesi e la nostra Vita si riduce al terrore di “quando arriverà un altro attacco”, e’ un po’ difficile abbracciare la storia del pensiero positivo e che quella situazione cambierà. Infatti, uno degli inganni principali e’ il pensare che quella situazione perdurerà per sempre e non saremo mai più quelli di prima. La prima e’ una bugia. La seconda, grazie al cielo, e’ la verità: non saremo mai più quelli di prima. Ma persone molto più consapevoli e in ascolto. Persone molto più autentiche e in cerca di significati diversi di quanto ci e’ accaduto. La chiamata arriva sempre, in qualunque modo uno poi decida di interpretarla.
Quando tutto questo accadde a me, vivevo sola già da 8 anni, ma mi trasferì temporaneamente a casa dei miei. Devo dire di essere stata molto fortunata ad avere una madre che gestì la situazione con molta calma e lucidità, cosa non facile di fronte ad una figlia che da persona autonoma e indipendente, improvvisamente crolla in lacrime solo guardando fuori dalla finestra, teme di parlare, non sorride più o ha paura di tutto quello che potrebbe alterare minimamente l’ambiente circostante in cui si trova.
A livello energetico, l’attacco di panico e’ collegato al primo chakra muladhara, legato proprio ai nostri bisogni di sopravvivenza primari e senso di stabilità/familiarità. Ciò che ho trovato di enorme aiuto e’ stato:
1)contatto fisico da parte di persone di cui in quel momento mi fidavo (che non erano necessariamente le stesse di cui pensavo di fidarmi prima dell’attacco), quindi : abbracci, essere tenuta per mano o sentire la persona vicina fisicamente mentre parliamo.
2)condividere a voce le sensazioni di quando avevo paura che stesse per accadermi qualcosa, senza vergogna e senza reprimere quelle sensazioni, le quali sono sempre TEMPORANEE, come una nuvola di passaggio nel cielo sereno.
3)percorso psicoterapico: ovvero avere un proprio spazio dove portare fuori tutte le emozioni e farsi aiutare e guidare da un professionista. Le amiche e i familiari, nonostante il bene, non potranno mai garantirci l’ascolto e lo spazio non giudicante di cui abbiamo bisogno
4)rispondere solo ed esclusivamente alle persone con cui mi sentivo di interagire, chiudendo la porta al mondo (chi e’ abbastanza intelligente, capirà e rispetterà quel momento)
5)camminare nella natura e creare una routine. Andare sempre a camminare nello stesso luogo creando un rapporto di fiducia reciproco e familiarità.
6)affrontare una cosa alla volta. Anche una cosa piccola come riordinare dei fogli al lavoro, mi agitava. Tutto dev’essere fatto con la calma e il tempo necessario, senza fretta.
7)controllo dell’alimentazione: ho notato che anche i picchi di fame scatenavano in me la paura dell’attacco, in quanto anche solo una leggera ipoglicemia può scatenare tremori interpretati dal corpo come una situazione di pericolo imminente. Quindi una routine alimentare, spuntini adeguati e la scelta di alimenti con un basso indice glicemico (quindi con un rilascio graduale degli zuccheri nel sangue) mi e’ stato utile nel quadro della situazione generale.
8)leggere fumetti o guardare talk show divertenti e leggeri. Trascorrere il proprio tempo con persone NON DRAMMATICHE e che sanno mantenere una certa calma anche di fronte al nostro impellente stato confusionale
9) natura, natura e ancora natura. E’ stato il mio curativo numero uno ed è ciò che sento di consigliare più di qualunque altra cosa al mondo.
10) progettualità. Quando ho cominciato a stare meglio, ho cominciato anche a mandare a quel paese tutte le proiezioni e i calcoli che avevo su di me e mi sono chiesta cosa volessi. E’ stato allora che ho cominciato a pianificare il primo viaggio in solitaria e la mente si è mossa e attivata immediatamente in funzione di quel progetto.
Ora, a distanza di anni, aggiungerei anche:
11) meditazione e yoga, o percorsi e trattamenti biodinamici e bioenergetici con persone qualificate e sempre come terapia coadiuvante e non sostitutiva del supporto farmacologico e terapeutico.
12) affermazioni positive volte a resettare e ricreare il nostro sistema di credenze.
Per approfondimenti:
“Guarisci il tuo corpo“, di Louise Hay
E ancora
“Se il mondo ti crolla addosso” di Pema Chodron
Qui di seguito un altro libro veramente interessante, che ha risposto a tante delle mie domande su come il corpo reagisse automaticamente in determinate situazioni:
“Il corpo accusa il colpo“, di Bessel Van der Kolk
Spero che questo articolo possa esserti stato di supporto e se credi possa essere di aiuto, ti prego di condividerlo.
Un abbraccio 🙂
Namasté
ElySunrise, Elisa Fazio